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Il teatro è vita

Un tentativo di rieducazione al bello, per riconoscerlo e per difenderlo. Riappropriandoci della memoria facendone storia per viverla, senza paura di esporsi, nella realtà.

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Ottantenni che si credono immortali e che continuano a comandare.
Giovani cresciuti nel benessere che recriminano ma che non hanno coraggio.
Una fotografia della società.
Gabriele e Lorenzo sono due fratelli, ma sono anni che non si vedono. Si ritrovano nella casa del padre anziano, facoltoso imprenditore edile. Gabriele,
attore ribelle, è andato via dalla casa paterna molto giovane tagliando ogni tipo di rapporto con il padre; Lorenzo, figlio primogenito, ha deciso di rimanere al fianco dell’imprenditore ma, essendo giudicato dal padre come incapace negli affari, è trattato come un segretario, che si occupa soprattutto delle faccende di casa.
I due fratelli si lanciano accuse e recriminazioni. Si rimproverano assenze, colpi bassi e tradimenti.
Ma su una cosa sono d’accordo: Il padre è stato la causa di tutto.
Con il suo controllo, la ferocia, i maltrattamenti fisici, l’uomo ha reso la loro vita “agiata” un vero inferno di sensi di colpa e inadeguatezza. Gabriele e Lorenzo dopo dieci anni di silenzio prendono una decisione: accelerare il destino inesorabile del vecchio e gestire finalmente l’impresa.
I due fratelli avvelenano quotidianamente il padre con piccole dosi di cicuta e prendono presto le redini della società.
Ma non passa molto tempo prima di rendersi conto che non sono capaci di gestire tutti gli impegni e le grandi responsabilità che il lavoro richiede.
Sono disperati.
Cercano di rimettere in forze il padre ma ormai è troppo tardi: il veleno e la vecchiaia lo trascinano sempre più in basso. I due fratelli dovranno così affrontare da soli le responsabilità della vita, senza un passaggio di consegne.
Soli.

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INSIDE SHOW

di e con Enrique Balbontin

Con “Inside show” Enrique si mette a nudo, per fortuna solo metaforicamente e, come da titolo, porta in scena la sua parte interiore che, se possibile, è anche peggio di quella esteriore.  Una “psicommedia” che funge da antidoto all’inespresso, ai pensieri rimasti tali e alle parole non dette. Momenti in cui Enraz condivide col pubblico inconfessabili emozioni, spesso politicamente scorrette, imbarazzanti verità chiuse a chiave nella cantina dell’anima. Il tutto tra monologhi, recensioni, parentesi sul degrado umano e considerazioni varie sul significato di essere liguri. Tra le novità spicca il “Montessori moment”, dedicato ai bambini, con la canzoncina “Bombe su Disneyland”. Presenti sul palco anche il “Savonese”, il nipponico “Minghiu Pegasù” ed il punkabbestia col cane “Sklero”. Interpunzioni musicali rigorosamente in genovese con il folk estremo del divertentissimo duo “Barche a torsio”.

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Telemaco prigioniero
Un libero adattamento dell’Odissea di Omero. Di e con Eros Salonia e Giacomo Guttadauro.
Telemaco prigioniero è tratto da una traduzione fedele dal greco dell’Odissea di Omero. Con parti in siciliano in endecasillabi eleganti, realizza quella difficile unione tra “alto e basso” che crea la magia di un incontro teatrale vero. Si tratta innanzitutto di uno spettacolo, cioè di una forma ludica e accattivante in cui le parti tragiche si alternano a quelle comiche avvicinando il pubblico e soprattutto i ragazzi ai miti fondatori della letteratura e del teatro occidentali, senza la saccenza né le imposizioni dall’alto della cosiddetta “cultura”. Telemaco è qui un eterno Peter Pan che vive in un ospedale psichiatrico e che sogna l’Odissea del suo improbabile padre Ulisse, accompagnato dalla voce narrante di un Omero poeta aulico dialettale. Supportato dalla voce narrante di Omero (Giacomo Guttadauro), Telemaco (Eros Salonia) incarna tutti i personaggi dell’Odissea e conduce lo spettatore sulla nave del ritorno a Itaca di Ulisse che è il
simbolo del ritorno all’appropriazione di sé stesso. Per questa ragione lo stile e il taglio della recitazione vanno dalla tragedia greca, al dramma lirico, all’avanspettacolo italiano, percorrendo 2000 anni di storia del teatro in un cammino pedagogico verso una sorta di testamento spirituale alla memoria storica e culturale che stiamo, nelle famiglie e nelle scuole, drammaticamente dimenticando, in nome di chissà quale oscuro “progresso” antiumano.

SINOSSI
Telemaco, figlio di Ulisse, il grande eroe che distrusse Troia, si trova in un ospedale psichiatrico. La sua mente è invasa dai fantasmi del padre e della madre Penelope. Le immagini dell’Odissea gli invadono la mente e Telemaco ne interpreta i vari personaggi, accompagnato dalla voce del cantastorie Omero.
Telemaco prigioniero è uno spettacolo di teatro, danza e canto in bilico tra poesia, farsa, canto passando dall’epic a all’avanspettacolo. Questa irriverente e libera interpretazione dell’Odissea è incentrata sull’assenza del padre e della memoria storica, in quest’epoca moderna, schiava della tecnologia e della malattia da curare a discapito di ogni dimensione eroica. In un mondo che vive al riparo da ogni pericolo esterno, il folle Telemaco rappresenta una via di saggezza per la riconquista di uno spazio di responsabilità realmente umano. Il padre Ulisse e il figlio Telemaco sono due eroi opposti, uno antico, l’altro moderno che creano un dialogo immaginario. Due anime vive che si muovono in un mondo di maschere.

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Sabato 27 aprile ore 21

COMMEDIA DIALETTALE BRILLANTE IN 3 ATTI

Di  FRANCO  DAMONTE

REGIA : Eugenio Rusca

TRAMA: Tognin Parodi è un semplice impiegato che sopporta le numerose angherie che la vita gli propone: la vedovanza precoce, la suocera in casa, un vicino di casa superfortunato…è un Fantozzi ante litteram. Perciò pretende che almeno la domenica sia dedicata al meritato riposo, nel totale silenzio. Però la presenza di un famigerato bandito e di altri mille inconvenienti mettono in gioco il meritato riposo.

La vicenda si svolge negli anni ‘60 a Varazze. E’ domenica.

La scena è fissa per i tre atti.

In fondo al centro la porta di casa, sopra di essa un cartello leggibile al pubblico: “SILENZIO, E’ DOMENICA”, a destra e sinistra le porte che vanno in cucina e nelle camere, a destra, più vicina al proscenio una finestra o terrazzo, davanti è posizionato un cannocchiale.

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